Nella giornata internazionale dei diritti delle donne, quest’anno Terre des Hommes, partner importantissimo con il quale abbiamo la fortuna di collaborare, ci ha chiesto di realizzare un lavoro inerente le donne nel mondo delle discipline steam.
innanzi tutto facciamo chiarezza: STEAM è l’acronimo di Science, Technology, Engineering, Art, Mathematics; e quindi per discipline STEAM si intendono tutte quelle discipline legate al mondo scientifico, tecnologico, ingegneristico e matematico. Esse sono alla base dello sviluppo della nostra società che portano ad una maggiore innovazione e conseguente benessere generale. Ma una nota che potrebbe stonare all’interno di questa sigla è proprio la A, acronimo di arte. Verrebbe da pensare ad un errore ma si è deciso di incorporarla in quanto è proprio l’arte che porta a riscontrare come sia importante la creatività nella risoluzione dei problemi incoraggiando lo sviluppo di diverse competenze aiutando gli studenti a pensare fuori dagli schemi portandoli a trovare e ad adottare metodi alternativi nella risoluzione dei problemi.
Nonostante l’importanza di queste discipline, in Italia, solo una bassa percentuale di laureati interessa questi ambiti e di conseguenza ancor minore è il numero delle studentesse che scelgono e portano a termine questo tipo di percorso universitario. Secondo uno studio di ricerca portato avanti da Save the Children, un aspetto fondamentale per comprendere al meglio il perchè dei pochi laureati in discipline STEAM è da collegare all’assenza di un sostegno culturale ed economico da parte della famiglia di origine e la mancanza di autostima. Il sentirsi inadeguati, non all’altezza, paradossalmente incapaci nella gestione di tecnologie sempre più avanzate porta ad uno scoraggiamento generale che, unito alla “fragilità” delle nuove generazioni e ai ritmi sempre più frenetici della nostra società, disincentivano la scelta di percorsi di studio come quelli delle discipline STEAM. Questo non significa che la scelta di un percorso umanistico sia più facile e meno stressante in quanto ogni percorso di studio comporta fatica, studio, impegno e dedizione non indifferenti.
La stessa Rita Levi Montalcini l’anno successivo al conseguimento del premio Nobel (1986) si sentì inadeguata a tal punto da ammalarsi di depressione. In un’intervista affermerà che “quel senso di inadempienza mi è pesato tanto da portarmi quasi ad un collasso[…] mi chiedevo perché avessero scelto proprio me.”
Quando si pensa alle discipline steam, si pensa ad aule piene di ragazzi, alle classiche ragazze nerd, ai professori che screditano le studentesse in quanto tali, a come le studentesse debbano faticare il doppio per farsi valere nel mondo accademico e successivamente nel mondo lavorativo. Sicuramente questi pregiudizi e luoghi comuni ci sono e purtroppo molto spesso vengono ancora attuati ma fortunatamente ho avuto la possibilità di sdoganarli intervistato una studentessa del dipartimento di Matematica dell’Università degli studi della Basilicata, Stefania e di un suo collega Nunzio che mi hanno davvero aperto un mondo.
L’Unibas è un piccolo ateneo che non conta più di 7000 iscrizioni annue.
Con la mia piccola ricerca ho voluto prendere in esame esclusivamente il dipartimento di Matematica dell’ateneo in quanto controcorrente ai pregiudizi legati a questo argomento. Parlando con Stefania infatti sono venuta a conoscenze di un dato molto interessante: l’anno della sua immatricolazione (2018/2019) gli iscritti a matematica erano 12 di cui 10 ragazze e 2 ragazzi; l’anno accademico successivo (2019/2020) le ragazze iscritte erano 8 su 11 studenti totali; l’anno accademico successivo ancora gli immatricolati erano 25 di cui 10 erano studentesse. E con questo, primo pregiudizio sdoganato. Il secondo riguarda l’ambiente. Stefania infatti mi ha assicurato che non ha mai riscontrato un ambiente ostile anzi ha potuto godere di una sincera e leale collaborazione con i suoi colleghi e ancor di più con il corpo docenti.
Un altro pregiudizio che ho avuto modo di sdoganare è stato quello relativo alla bravura. Per affrontare percorsi come quelli proposti dalle discipline STEAM (o altri percorsi un generale) l’essere bravi è relativo. L’aspetto più importante è la passione che unita alla dedizione, all’interesse e all’impegno portano al conseguimento degli obiettivi. Certo fondamentale è anche la predisposizione ma anche l’approccio a determinate materie nel percorso di studi antecedenti il mondo universitario. Questo mi porta a riflettere su quanto molto spesso il mondo della scuola e dell’insegnamento sia praticato da persone che non hanno la vocazione per quel ruolo e che inevitabilmente la loro presunzione rovini le vite degli studenti e delle studentesse, in particolar modo verso questo tipo di discipline.
Interessante è capire come il ruolo dei social nell’ultimo periodo abbia giocato un ruolo importante nella divulgazione scientifica e contribuito ad influenzare e appassionare tanti ragazzi e ragazze a questo mondo con una naturalezza impressionante. Per una studentessa alle prese con la scelta del percorso universitario avere a disposizione questi contenuti che dimostrano come intraprendere una strada in questi ambiti sia fattibile e anche divertente è un aspetto molto positivo.
Senza considerare il fatto che a livello lavorativo le figure formate provenienti da percorsi universitari scientifici sono molto richieste e non si evince a livello economico una grossa disparità di salario tra lavoratori e lavoratrici.
Altro aspetto sdoganato, almeno in parte, riguarda l’aspetto relativo alla conciliazione della carriera con la vita privata. Non è impossibile certo ma è sicuramente difficile ancor di più in un ambito lavorativo come quello delle materie scientifiche dove l’evoluzione avviene in modo nettamente più rapido rispetto all’ambito umanistico ad esempio e questo rende la decisione per una donna di “metter su famiglia” ancora più complicato e psicologicamente più frustrante (anche se come ampiamente confermato dai diversi studenti di matematica con i quali ho avuto modo di interagire ad insegnare meglio sono le professoresse.)
Tirando un po’ le somme, anche se il campione analizzato è molto limitato, è considerabile comunque come uno spiraglio di luce. Alla fine dell’intervista con Nunzio e Stefania si evince come i pregiudizi e i luoghi comuni sono un problema di chi sta fuori, di chi non vive in prima persona questi ambienti e percorsi universitari, infatti vedendoli insieme e sentendoli parlare è fortemente percepibile il clima di serenità.
Quello che ci auguriamo, io e loro, è che sempre più studenti, indipendentemente dall’essere uomini o donne, possano appassionarsi a queste discipline ma soprattutto fare ciò che più possa piacere anche perchè porsi e porre dei limiti oggi è qualcosa di anacronistico. Per concludere volevo condividere una frase detta da Nunzio che mi ha fatto molto riflettere: “non c’è nessun tipo di gerarchia, siamo tutti uguali anzi dalle mie colleghe ho solo da imparare.” Sperando che questo messaggio sia di buon auspicio a tutti coloro che nutrono dei pregiudizi verso questo mondo e chi è ancora titubante nello scegliere un percorso accademico in ambito scientifico.