Modulo 1: Capiamo
Ma sappiamo davvero cos’è un social network e con quale scopo è nato?
Proviamo a risalire a una definizione. I social network (per esempio Facebook, Instagram, Twitter, ecc) sono siti che costruiscono reti sociali online. Dopo essersi registrati e aver creato un profilo personale, gli utenti entrano in contatto tra loro: possono effettuare ricerche attraverso il nome o l’indirizzo e-mail di un’altra persona, possono pubblicare e condividere contenuti (testo, immagini, video, link, audio). Sui social network gli utenti sono, al tempo stesso, creatori di contenuti, ma anche fruitori (in quanto ricevono, leggono contenuti diffusi da altre persone).
Presentati in questa maniera e come rispondenti a questa funzione, i social network sono un fenomeno assolutamente positivo.
Effettivamente, grazie a questo strumento, molte persone che sono geograficamente lontane e distanti, riescono a sentirsi più vicine, a comunicare e a “guardare” qualcosa delle reciproche vite. Ancora: chi si era perso da piccolo, si ritrova solo inserendo un nome nella barra di ricerca. Un messaggio, uno slogan,
una campagna di sensibilizzazione o la richiesta di un aiuto, diffusi sui social network, possono diventare virali in pochi minuti, cioè essere noti a un numero elevatissimo di persone.
Queste stesse caratteristiche, positive e utili, possono essere lette anche in una prospettiva diversa, creando conseguenze spesso dannose e addirittura pericolose per gli esseri umani.
Consideriamone alcune.
Abbiamo visto nei capitoli precedenti come la diffusione di un contenuto offensivo attraverso i social network possa provocare conseguenze davvero gravi. Bisogna essere molto attenti alle opinioni che si esprimono in un post: non solo perché esse possono viaggiare in lungo e in largo, ma anche perché sono eterne. I contenuti pubblicati in rete, anche se successivamente rimossi, restano. E non è difficile comprenderlo, soprattutto se si pensa alla nuova
abitudine di fare i cosiddetti screenshot (cioè foto che salvano, appunto, un determinato contenuto).
Le idee personali che ognuno ha il diritto di esprimere non devono offendere gli altri, né discriminarli per etnia, orientamento sessuale, credo religioso e politico. Questo vale nella vita reale, ma anche e soprattutto online.
Per il numero di utenti presenti, per la loro provenienza da ogni parte del Mondo, per il fatto che non ci siano regole ben definite (se non in alcuni casi: per esempio Facebook chiede di segnalare contenuti offensivi) e, infine, per la velocità con cui i contenuti viaggiano, queste reti sociali possono sortire un effetto di amplificazione, se usate in maniera scorretta o a scopi illeciti.
Nella nostra società, tra l’altro, succede che i social network si sostituiscano completamente o quasi alle relazioni reali, al contatto umano. Si crea cioè una sorta di dipendenza che costringe molti a restare letteralmente incollati ai computer o agli smartphone. Nasce il bisogno di essere connessi 24 ore su 24, per sentirsi in vita.
La conseguenza si riflette proprio nella vita reale e nella difficoltà di avere rapporti sani, amicizie o relazioni affettive “disconnesse” da Facebook o dagli altri social.
Spesso nelle chat cerchiamo di avvicinarci all’altra persona, di avere un contatto che nella vita quotidiana non siamo più capaci di avere. E così accade che trascorriamo un pomeriggio intero a chattare con un nostro compagno di classe, ma poi il giorno dopo in classe a malapena lo salutiamo. O ancora: ci crediamo potenti perché offendiamo in chat, ma non siamo capaci di affrontare in maniera matura una discussione.
Lo schermo ci fa sentire più forti e più sicuri di noi stessi: dalla chat, infatti, non si vede se siamo imbarazzati o emozionati, se una cosa o una persona ci fa paura o ci rende felici.
Su Facebook o su Instragram è tutto più facile, più veloce: basta un clic. Un dito poggiato sulla tastiera ci permette di dire che vogliamo bene a qualcuno o che condividiamo gli stessi gusti.
E questo, purtroppo, vale anche con persone sconosciute: crediamo di conoscerle sulla base di elementi virtuali, come gli amici e gli interessi in comune.
E’ come se i social network accorciassero non solo le distanze geografiche, ma anche quelle temporali. Di fatto annullano uno degli elementi basilari di ogni relazione (familiare, d’amicizia o d’amore): il tempo. Per conoscersi, per frequentarsi, per condividere momenti o esperienze, per fidarsi e affidarsi.
Un’altra delle conseguenze più pericolose derivanti da un uso poco attento dei social network è la diffusione dei nostri dati personali. Lo abbiamo accennato, nel capitolo precedente, a proposito delle disposizioni sulla privacy.
Alcuni accorgimenti possono aiutarci. Innanzitutto i diversi social consentono di mostrare i propri dati al pubblico da noi desiderato. In questo senso è sconsigliato avere profili completamente pubblici, cioè visitabili da tutti. Più sicuro è rendere le informazioni e i contenuti visibili solo ai nostri amici e alle persone di cui ci fidiamo.
Ancora più intelligente è chiedersi: “bisogna davvero pubblicare e condividere qualsiasi cosa?”, “ci sono momenti che forse è meglio tenere per sé?”. D’ora in poi, potremmo provare a farci questa domanda, quando abbiamo intenzione di pubblicare un contenuto.
Forse ci renderemo conto che spesso siamo indotti a pubblicare qualcosa quasi automaticamente, perché è di moda farlo, perché così il nostro profilo è sempre attivo e possiamo ottenere tanti like. Non dobbiamo, però, dimenticare che ciò che regaliamo alla rete, non ci torna più indietro. E, soprattutto, può essere visto da molte persone, come già detto.
Inoltre, l’aver chattato con una persona sconosciuta per qualche ora o l’aver visto sul suo profilo che ad esempio sente la nostra stessa musica, ci fa illudere di conoscerla e quindi ci induce a essere ingenui e a fidarci. Pensiamoci un momento: è davvero così?
Infine, un fenomeno comune derivante dalla scarsa consapevolezza rispetto a questi strumenti è la diffusione di notizie false (dette fake o anche bufale).
Basta che qualcuno pubblichi un articolo o un post contenente una notizia che ci interessa o che abbiamo voglia di condividere, ed il gioco è fatto. Non ci preoccupiamo di verificarla o di controllare che sia vera. La pubblichiamo senza pensarci. Solo dopo ci accorgiamo che era falsa, ma nel frattempo migliaia di persone l’hanno condivisa e commentata. Nel frattempo i protagonisti della notizia sono stati creduti erroneamente morti, o colpevoli di
reati, o al centro di gossip: tutto falso.
Attenzione dunque quando pubblichiamo qualcosa. Attendiamo che più fonti ne parlino con dati certi e verificati.
In conclusione, possiamo affermare che i social network sono un fenomeno positivo solo se usati in maniera corretta, senza esserne dipendenti, senza sostituirli alla vita vera e senza utilizzarli per fare del male agli altri.
Ecco alcune regole per usare in maniera consapevole i social:
- Scegliere con attenzione le disposizioni della privacy.
- Non dedicare troppo tempo ai social.
- Non offendere e discriminare gli altri.
- Non condividere contenuti offensivi o che ledano la privacy altrui.
- Non fidarsi degli sconosciuti.
- Segnalare immediatamente al social network o alla polizia postale eventuali furti di profilo o altri fenomeni illeciti.
- Non pubblicare dati personali di minori o di persone che non siano in grado di difendersi (ad esempio disabili), se non strettamente necessario e comunque con l’autorizzazione dei genitori o delle persone responsabili.
Modulo 2: Scopriamo
Ci sono fenomeni virali divertenti e anche utili, come per esempio l’ICE BUCKET CHALLENGE: una campagna lanciata nel 2014 dall’Associazione statunitense contro la SLA, con lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla sclerosi laterale amiotrofica e di stimolare le donazioni per la ricerca. Ogni partecipante viene filmato mentre si versa un secchio di acqua in testa. Dopo questa doccia fredda, nomina a sua volta un altro utente e invita a fare una donazione alle associazioni di malati di SLA. In questo caso, i social sono stati un ottimo strumento di divulgazione: attraverso la “spettacolarizzazione” e i filmati delle docce, si è diffusa l’informazione relativa a questa malattia e in molti (forse non tutti) hanno donato denaro per la ricerca.
Tutt’altro che positivo è stato, invece, il fenomeno virale della NEK NOMINATION. Un esempio davvero utile che ci consente di scoprire la doppia faccia dei social network, utili e positivi, ma anche pericolosissimi.
La Nek Nomination è nata in Irlanda nel 2014 come un gioco, per poi diffondersi in tutto il mondo. Proprio in Irlanda si sono registrate le prime due vittime di quella che può essere definita una vera e propria follia: due ragazzi di 19 e 22 anni sono, infatti, morti dopo aver bevuto troppo.
La Nek Nomination consiste nel filmarsi mentre si assumono grosse quantità di alcool, postare il video e poi nominare a propria volta un altro utente. In preda ai fiumi di alcool si compiono imprese eroiche che, però, spesso portano a conseguenze gravissime.
Modulo 3: Approfondiamo
Campagna della presidente della Camera, Laura Boldrini, contro le bufal
Modulo 4: Giochiamo
Professione: Ricercatore
Potete utilizzare banche dati, articoli di giornale, siti istituzionali. Ricordate di citare le fonti.
Il lavoro può essere svolto individualmente o in gruppo