Violenza, stereotipi e discriminazioni di genere

Il Toolkit INDIFESA

Modulo 1: Capiamo

Per molti secoli, fin dall’inizio della storia del mondo, gli umani hanno vissuto con la convinzione che ai maschi e alle femmine spettassero ruoli e comportamenti diversi. Questo modo di vivere ha favorito lo sviluppo di una serie di stereotipi, ovvero pensieri elaborati per convenzione, cioè per abitudine, ma non fondati su fatti certi, veri o scientifici.

Non sempre è facile riconoscere uno stereotipo e distinguerlo da un modo di pensare che consideriamo assolutamente normale, solo perché è molto diffuso o perché anche i nostri amici la pensano così. Un esempio?

“La donna deve fare le pulizie, cucinare per i suoi figli, essere una brava mamma e moglie. L’uomo deve lavorare, fare carriera e provvedere al mantenimento della sua famiglia.”

Chi non ha mai sentito questo discorso? Sicuramente in molti. Proprio in base a questa convinzione, qualcuno potrebbe ritenere strano, bizzarro o addirittura anormale che un papà (e non una mamma) resti in casa ad accudire i propri figli o che una donna (e non un uomo) sia a capo di un’importante industria. Questa considerazione dell’uomo come padrone viene da molto lontano.

Nell’antica Roma, le famiglie erano rette e governate dal padre (si chiamava, appunto, pater familias e, per questo, la società romana era detta patriarcale).Ancora fino a pochi decenni fa era comune la pratica del delitto d’onore.

L’uomo che scopriva un adulterio da parte di sua moglie o un comportamento a suo avviso sbagliato (da parte di sua moglie o di sua figlia), poteva commettere contro di loro un delitto che potesse restituirgli l’onore e la reputazione persi senza essere punito dalla legge.

Con il passare dei secoli l’uomo ha continuato a mantenere il controllo della famiglia e della casa e il potere sulle decisioni di tutti i componenti.
Ancora oggi, nonostante le evoluzioni e gli studi di genere, sono in molti a considerare gli uomini come superiori e a parlare delle donne come appartenenti al cosiddetto “sesso debole”.

Queste convinzioni determinano e favoriscono fenomeni di discriminazione e violenza. Si tratta di azioni fisiche o verbali, compiute contro le donne, con lo scopo di escluderle, ferirle, privarle della libertà di poter scegliere cosa fare della propria vita. Le azioni fisiche sono quelle visibili, fatte di calci, pugni, percosse, stupri, mutilazioni.

Quasi ogni giorno, i telegiornali raccontano le storie di donne sfigurate con l’acido, picchiate, in- seguite, perseguitate con lettere, messaggi, telefonate, appostamenti da ex fidanzati. (E’ questo il fenomeno noto con il nome di stalking). Come la violenza fisica, anche questo tipo di atteggia mento ferisce e non va trascurato, poiché offende, esclude, esaspera.

“Giochi a calcio? Ma non sei mica un maschio”, “Quando ci sono i miei amici, non devi parlarmi con quel tono”, “se mi lasci, ti ammazzo”, “non è un lavoro per femmine”, “devi rimetterti insieme a me”: sono solo alcuni esempi di come le parole possono diffondere gli stereotipi e l’idea che le donne siano adatte solo a determinate azioni o comportamenti.

Alcuni esempi sono contenuti nella campagna Words of Love che raccoglie tutte le frasi che le donne sentono nella loro vita quotidiana. Commenti, opinioni e considerazioni sul loro modo di vestire, consigli su come dovrebbero comportarsi a scuola o a lavoro. Non schiaffi, dunque, ma parole. E chi l’ha detto che solo gli schiaffi fanno male? Anche le parole possono essere molto forti e potenti, soprattutto quelle considerate “normali” e che, invece, contengono e trasmettono discriminazioni e stereotipi.

Sono ancora moltissimi i Paesi del mondo in cui donne, spesso ragazze e bambine, subiscono costrizioni, abusi, e maltrattamenti; sono costrette a sposare uomini che neanche conoscono e sono sottoposte a mutilazione. (Ne parleremo meglio nel capitolo 8).

C’è ancora molta strada da percorrere, perché tutte le donne, in ogni parte del mondo, siano trattate alla stessa maniera degli uomini. Qualche evoluzione è stata compiuta ed è bene farne tesoro.

Nel corso del novecento le donne hanno acquistato, non senza fatica, molti diritti che prima erano assolutamente negati. Ricordiamo, per esempio, che solo a partire dal 1946 le donne italiane hanno ricevuto il diritto di voto.

Molte donne sono scienziate, politiche, sportive, artiste, dirigenti, rivestono cariche importanti e di rappresentanza. Queste storie di speranza e di esempio sono utili a tante altre donne che, invece, sono ancora costrette a lottare, a fare una gavetta più lunga, a dover sempre dimostrare di essere all’altezza di un lavoro, di una passione, di un hobby, ecc.

Nonostante le importanti conquiste che migliaia di donne hanno ottenuto in tutto ii mondo, i fenomeni di discriminazione e violenza sono ancora attuali e numerosi.

“Chissa in quali Paesi lontani succede tutto questo … “.

Quante volte ci nascondiamo dietro questa frase? I telegiornali (e non solo) ci riportano un’altra verita.

Ben 6 MILIONI 788 MILA donne hanno subito nel corso de Ila propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale: ii 20,2% ha subito violenza fisica, ii 21% violenza sessuale, ii 5,4% forme piu gravi di violenza sessuale come stupri e tentati stupri. Sono 652 MILA le donne che hanno subito stupri e 746 MILA le vittime di tentati stupri 1*

Sapete dove succede tutto questo? In Italia.

E se i numeri, a volte, non rendono l’idea, molto piu chiare ed evidenti sono le situazioni che viviamo ogni giorno nella nostra vita quotidiana: a casa innanzitutto, e poi a scuola, a lavoro, in palestra, al cinema, sull’autobus, ecc.

L’abitudine piu comune e quella di giustificare gli episodi di discriminazione o di violenza, cioe trovare una scusa al fatto che un uomo sia violento (con le parole o con le botte).

“E’ stato solo un momento di rabbia … “, “aveva bevuto un po’ troppo … “, “lei lo ha fatto ingelo­sire … “, “e stata stuprata perche aveva la gonna troppo corta … se l’e cercata”.

Ma la violenza e le offese si possono davvero perdonare?

Esistono davvero delle motivazioni valide che possano giustificare insulti e botte? E’ dav­vero questo ii punto principale della questione di genere?

Se fare domande puo essere utile a costruire risposte concrete, in grado di mettere in campo delle soluzioni, e bene domandare. Con le domande giuste, pero. E cioe con quelle domande tese a capire quanto e diffuso questo fenomeno in Italia e nel mondo, quali sono i segnali per individuare casi di discriminazione e violenza e cosa ognuno di noi puo fare, per contribuire alla ricerca di una soluzione.

Quasi ogni giorno i telegiornali, le trasmissioni e i giornali raccontano storie di violenza.11 rischio e di assuefarsi, di non essere piu attenti. E invece non si deve mai abbassare la guar­dia: quella che puo sembrare una battuta senza senso o uno scherzo divertente puo tra­sformarsi, rapidamente, in un episodio discriminante e violento. Ognuno di noi puo avere un piccolo ruolo in una grande e difficile battaglia contro questi fenomeni. A partire da un’azione semplice: guardarsi intorno, informarsi e contribuire a diffondere la parita e ii ri­spetto tra i generi.

II primo errore da evitare e pensare che gli stereotipi, le discriminazioni e le violenze di genere non possano riguardare la nostra vita.

Certamente l’attenzione intorno a questi temi e notevolmente aumentata: ci sono leggi specifiche che puniscono i reati contro le donne ed e stata anche indetta una “Gior- nata internazionale contro la violenza sulle donne”, ii 25 novembre.
II rischio, pero, e sempre dietro l’angolo e i casi di violenza sulle donne sono ancora troppo numerosi.
Ne conosceremo due, nel prossimo modulo.

* Fonte Rapporto lstat 2014

Modulo 2: Scopriamo

A Melito Porto Salvo (un paese in provincia di Reggio Calabria) una ragazza di 13 anni e stata ripetutamente violentata da un gruppo di 7 uomini (tra cui ii figlio di un boss del luogo). Le violenze si sono ripetute, in maniera costante, per due anni: dal 2013 all’estate del 2015.

Uno dei 7 violentatori era stato ii primo fidanzatino della ragazza e, approfittando della loro conoscenza, l’ha costretta a subire violenze e ad avere rapporti sessuali con altri 6 uomini. Lei era solo una “cosa”, un “oggetto” da scambiare e prestare agli amici.

Durante questi anni di orrore, la ragazzina ha dovuto subire in silenzio ed e stata minaccia­ta e ricattata: se avesse parlato, gli uomini avrebbero diffuso le immagini di lei durante quei rapporti, sarebbe stata disonorata e considerata “una poco di buono” nel paese.

La verita emerge da un tema d’italiano, in cui la ragazza racconta ii suo disagio e si chiede come facciano i suoi genitori a non accorgersi di nu Ila. La mamma della ragazza legge ii testo e capisce, ma non denuncia perche ha paura che i compaesani dicano in giro che sua figlia e una “facile”, teme di dover cambiare paese a causa delle chiacchiere.
Anche alcuni compaesani sanno, ma non parlano e anzi qualcuno arriva a dire che “se l’e cercata”.

Solo successivamente i genitori hanno chiesto l’aiuto dei carabinieri.

I 7 uomini del “branco” sono stati arrestati, perche colpevoli di un reato specifico: violenza sessuale di gruppo aggravata.

Ora ripercorriamo insieme la storia di un’altra donna, LuciaAnnibali, vittima di violenza da parte dell’ex fidanzato.
II 16 aprile del 2013, intorno alle 21.30, Lucia Annibali, avvocato di Urbino, venne aggredita sul pianerottolo di casa sua, a Pesaro. Un uomo, con ii volto coperto, le getto sul viso e sul collo una sostanza corrosiva: l’acido solforico. Un secondo uomo faceva da palo, control­lando che non arrivasse nessuno.

Lucia Annibali rischio di perdere la vista e fu immediatamente ricoverata al “Centro grandi ustioni” dell’ospedale di Parma, dove negli anni successivi si e dovuta sottoporre a diversi interventi chirurgici per ricostruire i tessuti della pelle.
Mandante di questa violenza fu Luca Varani, ex fidanzato della donna, che affido ii compito di sfregiarla ad Altistin Precetaj e Rubin Talaban.

L’ex fidanzato di Lucia, Luca Varani, e stato condannato a 20 anni per tentato omicidio e stalking, mentre Altistin Precetaj e Rubin Talaban, esecutori dell’attacco con l’acido, reste­ranno in carcere per 12 anni.

Lucia ha rischiato di morire e ha ii volto sfigurato. Nonostante un’esperienza cosi dura e difficile, non si e mai arresa. Ha raccontato e continua a raccontare la sua storia, chiedendo alle donne di non avere paura e di denunciare le violenze.
Sulla sua storia, e stato anche girato un film, interpretato da Cristina Capotondi e in onda sulla Rai.

Modulo 4: Giochiamo

Professione: Giornalista Radiofonico

immaginate di essere giornalisti in una radio. inventate e scrivete una trasmissione radiofo­nica della durata di 60 minuti, con nome, conduttori, ospiti, sul tema degli stereotipi di genere, delle discriminazioni e della violenza contro le donne.

Regole

  • Formate mini redazioni da 4 persone
  • Scrivete testi che possano spiegare in modo semplice e chiaro cosa sono gli stereotipi, la discriminazione e la violenza di genere
  • Pensate a quali ospiti sarebbe interessante intervistare e scegliete le domande da rivolge­re
  • Date un titolo alla vostra trasmissione
Suggerimenti

Ospite: un politico che si occupa di pari opportunità, a cui chiedere quali sono le leggi che tutelano i diritti delle donne e puniscono la violenza di genere; una donna vittima di violen­za (per esempio Lucia Annibali, sfigurata con l’acido dal suo ex-fidanzato)

Inchiesta: numeri e dati sulla situazione femminile in Italia: quante donne occupano cariche pubbliche, quante hanno subito discriminazioni, quali sono i luoghi in cui maggiormente av­vengono discriminazioni, ecc

Altro: musica o film dedicati al tema; discussione su come la lingua si evolve a favore delle donne (l’Accademia della Crusca ha approvato la declinazione al femminile di alcune cari­che: “assessora”, “ministra”, ecc)